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mercoledì 3 dicembre 2014

Il pudore di dire: Ti voglio bene

TI VOGLIO BENE
 
 
ll sentimento di pudore rappresenta il legittimo desiderio di nascondere qualcosa a scopo protettivo: del corpo, della sessualità, dello spirito o dei principi. E’ collegato ad un senso di riserbo personale, ad un atteggiamento discreto e riservato dell’animo e anche al rispetto verso un principio a cui non si può derogare (Sebastiani, 2013), e come tutti i sentimenti auto-protettivi svolge una fondamentale funzione nelle relazioni sociali, sia in quelle superficiali che in quelle intime. Tuttavia, in alcune situazioni, rischia di essere troppo forte ed eccessivo, e a volte inibisce l’espressione di sentimenti di affetto che potrebbe essere importante dichiarare.

Proviamo a fare un semplice esercizio: domandiamoci quali sono le persone alle quali vogliamo molto bene, e domandiamoci anche da quanto tempo non glielo diciamo, se gliel’abbiamo mai detto. Come sempre per gli esercizi che propongo, conviene farlo per iscritto, rubando dieci minuti di tempo al nostro abituale routinario agire rimpinzato di impegni, necessari o pretestuosi che siano. Probabilmente, scriveremo una decina di nomi, incluso qualche parente stretto, qualche amico, magari un mentore, il o la partner romantica. Poi, vediamo cosa viene fuori sulla questione tempo: da quanto tempo non glielo diciamo. E proviamo a immaginare di dirglielo. E’ naturale che il pudore nel raccontare i propri sentimenti protegga da alcuni rischi: 1) il sospetto, nell’altro, che ci sia un interesse materiale dietro; 2) l’abuso di dichiarazioni sentimentali sdolcinate, che farebbero perdere importanza alla frase “ti voglio bene” o nel caso del partner “ti amo”, rendendola una commerciale sciocchezza se troppo ripetuta; 3) la legittima vergogna di mostrare i propri sentimenti forti e delicati; 4) il timore di essere presi in giro, ridicolizzati, accusati di essere scemi, oppure di ricevere un rinfacciamento inaspettato a sorpresa in risposta (“è perché mi vuoi bene, che hai agito così male verso di me in questa o in quest’altra occasione?”); 5) nelle situazioni romantiche, anche il timore di ricevere in risposta: “Perché mi dici che mi ami, non mi hai forse sposato? Quindi è logico e sottinteso che mi ami”, mentre invece non è né logico né sottinteso per niente!

Quando facciamo una dichiarazione che viola in qualche modo il pudore affettivo (molto diverso da quello corporeo), inoltre, possiamo provare imbarazzo e vergogna, possiamo arrossire o sentire il respiro bloccato per qualche momento. In qualche modo il pudore segnala sempre, in tutte le sue forme, un mettersi a nudo, e rischiare che l’altro utilizzi questo nostro scoprirci per colpirci.

A questo punto, prima di dire davvero “ti voglio bene” a coloro per i quali proviamo questo sentimento, potremmo giocare a disegnare un fumetto-test della situazione (anche se non siamo bravi con la matita), e a scrivere nei fumetti (nostro e dell’Altro Significativo) la nostra dichiarazione di affetto e la possibile risposta dell’altro. E nel caso in cui, nella nostra immaginazione, l’Altro Significativo superasse il test, possiamo forzarci un po’ a dirglielo: tanto, se va bene, saremo contenti (noi e l’Altro); e se va male, avremo solo capito che il pudore dell’Altro è troppo forte per poter accettare il nostro affetto, almeno a parole. Se poi l’Altro ci dimostrasse che non siamo stati invece capaci di mostrarlo con i fatti, allora forse potremmo anche correggere in positivo il nostro comportamento. Gli affetti sono il carburante della nostra vita: nutrirli, svilupparli e imparare a saperli mostrare, ci può aiutare a sentirci più energici e sereni.

Per saperne di più:
-Aquilar F. (2013), a cura di, Parlare per capirsi. Strumenti di psicoterapia cognitiva per una comunicazione funzionale, Franco Angeli, Milano.
-Sebastiani A. (2013), “Pudore” tra lingua, culture e retoriche, Griseldaonline.

Autore: Dott. Francesco Aquilar


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